Dieci domande ad Arianna Farinelli
[a cura di Gigi Corsini]
Arufabetto ha incontrato Arianna Farinelli, presente nella decina finalista del Premio Letterario Nazionale Clara Sereni con Storia di una brava ragazza. Questa volta tra l’ interlocutrice e Arufabetto c’era di mezzo l’oceano, quello Atlantico. Esperta di politica internazionale, docente universitaria negli US, scrittrice di talento, tra i suoi libri, oltre a Storia di una brava ragazza, Arufabetto ha particolarmente a cuore Gli ultimi americani e consiglia agli aficionados di leggerlo. E dice: w le nonne, che spesso sono le slack waters della nostra vita.
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1. Storia di una brava ragazza: leggendolo ci si rende conto, tanto più coloro che sono stati adolescenti nello stesso periodo, di quanto poco nelle nostre società si sia mutato. La scelta di usare la prima persona è una testimonianza forte. Il filo conduttore della vergogna ci porta dritti da quegli anni a oggi. Anzi, sembra che certa “cultura” patriarcale di cui volevamo sbarazzarci stia anche troppo bene. È più una questione di mero potere o di linguaggio?

Entrambi. A New York, durante le cene eleganti a Park Avenue, non si fanno alcun problema a dirti che non assumerebbero mai una donna in posizioni di vertice nella loro startup o nel loro investment fund, “perché le donne non sono abbastanza brave.” Quando abitavo a Roma, in periferia, credevo che questi pregiudizi fossero una prerogativa dei quartieri poveri e di un basso livello di istruzione. Oggi a Manhattan, tra cultura e opulenza, ritrovo lo stesso sessismo che avevo conosciuto a Roma, negli anni Ottanta e Novanta. Il linguaggio che usano qui forse è meno volgare ma è di gran lunga più spietato. Del resto, se lo possono permettere, hanno molto più potere dei maschi di periferia.
2. Una delle figure più struggenti ed emblematiche di Storia di una brava ragazza è Lina. Viene privata di tutto, anche degli occhi, che le vengono rubati. Lei le ha restituito un nome…
È incredibile che questa donna sia stata chiamata “la trucida” per decenni. Mi vergogno di essere stata tra quelli che si riferiva a lei in questo modo. La sua vita è stata una continua espropriazione: il suo corpo è stato usato, deriso, saccheggiato. L’abbiamo lasciata sola. Scrivendo di lei forse ho tentato di espiare le mie colpe. Spero ci perdoni dovunque sia ora.
3. L’abuso è presente anche nel suo romanzo Gli ultimi americani. Alma, uno dei personaggi, ad esempio ne racconta uno. La tentazione in Alma è quella di sminuirlo, di fronte ad un altro che le sembra più grave, quello subito da Lola. Ma quello che emerge dal confronto tra Alma e Lola è che appunto l’abuso è sempre qualcosa di smisurato.
Grazie per aver letto Gli ultimi americani (siete tra i pochi). Ovviamente le cose che accadono alle protagoniste del mio secondo romanzo sono in qualche modo autobiografiche. Per anni anch’io, come Alma, ho cercato di cancellare dalla memoria quanto mi era successo. Poi a quarant’anni mi sono detta che era accaduto davvero ma che non era così grave, in fondo ero sopravvissuta. Solo quando ho scritto il memoir ho capito che le cose che mi erano accadute erano gravissime e dovevano essere raccontate per le nuove generazioni.
4. Panorami americani. Nel suo romanzo Gotico americano si ha quasi l’impressione che l’East River giochi un ruolo più importante, per la protagonista Bruna, dell’oceano. Perché?
L’East River rispecchia la filosofia di vita dei newyorkesi. Non è un fiume ma un braccio di mare che scorre tra l’oceano Atlantico e la baia di Long Island. È un corso d’acqua furibondo: cambia frequentemente direzione, a seconda delle maree. Gli abitanti di New York sono come l’East River: corrono, sgomitano, si azzuffano, cadono e si rialzano, combattono. È un continuo show, una perenne performance. Poi però c’è un momento della giornata in cui le acque si calmano e il fiume si distende nel suo letto, slack waters. Per la protagonista, e per me, quello è il momento più bello. New York continua a competere ma il fiume si prende una pausa. Vivendo qui da 25 anni ho imparato a fare come il fiume, a smettere di correre, ogni tanto. A parte questo sono anch’io workaholic, ossessionata dal lavoro, come il resto della città. Infatti, oggi è festa nazionale e sto rispondendo alle vostre domande.

5. James Baldwin è un autore importante per lei, e subito pensiamo, oltre ai libri di Baldwin, alla bellissima conversazione tra lui e Nikki Giovanni… quale libro di Baldwin regalare a un adolescente che ancora non lo conosce?
The fire next time, una lunga lettera che Baldwin scrive al nipote adolescente. È l’analisi della società americana di quegli anni, non molto diversa da quella di oggi: il razzismo, le disuguaglianze economiche, l’omofobia. Il titolo è tratto dal racconto biblico del diluvio universale, quando Noè riceve il ramoscello d’ulivo dal becco della colomba. Dio ha mandato l’acqua per punire il suo popolo…la prossima volta, però, la punizione sarà peggiore, la prossima volta manderà il fuoco. Per Baldwin abbiamo ancora una possibilità di salvarci come umanità. Questo significa lavorare sodo per cambiare le cose. Oggi, con la presidenza Trump, le sue parole sono ancora più attuali.

6. Nella raccolta Multipli forti edita da Minimum Fax è presente un suo racconto spassoso e inquietante dal titolo Ultima cena. Un cuoco, condannato a sua volta, cucina i pasti “ultimo desiderio” per i condannati a morte. Senza essere troppo tragici le chiedo: secondo lei l’attuale presidente americano cosa potrebbe ordinare prima di un eventuale impeachment?
Trump è patito di burgers, patatine e coca cola. Ne consuma una quantità smisurata. Hanno cercato di processarlo con l’impeachment per ben due volte ma non ci sono riusciti, mancavano i voti necessari al Senato. Un terzo impeachment andrebbe nello stesso modo, purtroppo. Ogni tanto mi viene di augurargli di strozzarsi con il cibo spazzatura che mangia. Poi mi ricordo che il male non se augura a nessuno, come diceva mia nonna giornalara. Lei aveva studiato fino alla terza elementare. Io ho letto centinaia di libri. Eppure, evidentemente, ancora non ho imparato niente.
7. In Storia di una brava ragazza viene citata una lettera d’amore di Hannah Arendt a suo marito. Altre lettere testimoniano l’amicizia tra Hannah Arendt e la scrittrice Mary McCarthy, raccolte in Tra amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy. 1949-1975, uscito in Italia per Sellerio. Cos’è per lei l’amicizia?
Tutto. La mia famiglia americana è composta da tanti amici carissimi. A Roma ho amiche che considero sorelle. In una presentazione romana del mio memoir è venuta persino una compagna di scuola delle elementari. Ho ricevuto decine di messaggi da lettrici che mi hanno detto di sognare un amico come Renato, di cui racconto nel memoir. In questi primi 49 anni di vita mi sono persa moltissime volte. Se mi sono ritrovata è solo grazie a loro.
8. Visto che Storia di una brava ragazza è nella decina finalista del Premio Sereni, le chiedo se c’è un libro di Clara Sereni che le è particolarmente caro o che si sentirebbe di consigliare.
Consiglierei Manicomio Primavera e in particolar modo il racconto intitolato Borderline. Mi rivedo sia nella madre che nel figlio.

9. Come si potrebbe rappresentare figurativamente la sua scrittura? Un panorama? La tavoletta dell’ouija? Un volto? O cos’altro?
Io ancora devo capire se sono o meno una scrittrice – il più delle volte mi sento del tutto indegna – figuriamoci se so come si potrebbe rappresentare la mia scrittura. Se proprio dovessi risponderle, però, direi lo straccio per i pavimenti. Ma è anche troppo, le confesso.
10. Se potesse essere intervistata da qualcuno che non è più qui, una persona famosa o meno, ma importante per lei, chi potrebbe essere?
Mia nonna giornalara, morta in una clinica per l’Alzheimer nell’anno del covid. Non ha mai saputo che sui giornali che lei aveva venduto per tutta la vita io avevo cominciato a scrivere editoriali di prima pagina. Mi direbbe: Aria’, macché davero davero, te sei messa a scrive’ sui giornali?
Grazie, Arianna!
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