Eva Mameli Calvino, Italo Calvino, Sanremo

Intervista a cura di Francesca Silvestri

Di Eva, madre dello scrittore Italo Calvino, e dei suoi lunghi viaggi, soprattutto a Cuba e in Messico, raccontano le pagine autografe della monografia a lei dedicata da Elena Macellari nella collana di narrativa biografica “le farfalle”, fondata e diretta dal 2010 al 2018 da Clara Sereni per i tipi di ali&no editrice.

Parlano per Eva le intime riflessioni e gli scambi epistolari provenienti da carteggi e collezioni private, in un’epoca (l’inizio del Novecento) in cui rarissime sono le figure di donne italiane che si sono dedicate con tanta assiduità alla causa della ricerca e della divulgazione scientifica. Eva è stata una donna che dal giardino, e più complessivamente dalle consuetudini, uscì spesso, e per lidi lontani. Tessitrice di competenze attraverso gli Oceani, scienziata rigorosa quanto attenta agli aspetti sociali del proprio lavoro, si prendeva però il tempo per dire a una bambina: «Vieni, ti faccio vedere una chimera…».

Elena Macellari, agronoma e ricercatrice, è stata tra le prime autrici in Italia ad aver studiato e raccontato la vita di Eva Mameli Calvino e, nell’anno delle celebrazioni calviniane, riprendiamo il discorso su questa figura di donna forse troppo a lungo rimasta nell’ombra del marito e del figlio.

Chi era Eva Mameli Calvino?

Evelina Mameli era una botanica, una naturalista sarda, nata a Sassari nel 1886 da una famiglia della media borghesia, sicuramente fuori del comune rispetto alle ragazze del suo tempo che non studiavano ed erano spinte a sposarsi e fare figli. Sulle orme del fratello Efisio, che studiò chimica all’Università di Pavia, Evelina che tutti chiamavano Eva, si laurea in Scienze Naturali e nel 1915 ricopre come donna la prima cattedra di botanica in Italia. La sua vita però non sarà tra quattro mura universitarie ma al contrario itinerante tra trasferte all’estero, Messico, Cuba e Stati Uniti per poi rientrare in Italia a Cagliari, a Sanremo, inseparabile dal compagno e marito Mario Calvino agronomo ligure d’eccezione. Il figlio Italo ebbe un nome così nazionalista proprio perché nacque nel 1923 a Cuba quando Evelina e Mario Calvino stavano portando avanti un progetto agricolo per il Ministero degli Esteri Italiano, in un periodo in cui l’aspirazione autarchica fascista richiedeva esperti che studiassero e importassero nuove specie alimentari in Italia per sviluppare poi la coltivazione a livello industriale.

Genitori Italo Calvino Cuba
Eva e Mario Calvino a Cuba

La coppia Mameli-Calvino, pur essendo studiosi e ricercatori dipendenti da una missione del Ministero italiano, condussero in modo indipendente un lavoro straordinario sul piano dello sviluppo agricolo dell’isola di Cuba dirigendo la Stazione Sperimentale per l’agricoltura a Santiago de Las Vegas, con attività di supporto ed educazione agricola dei campesinos che sarebbero diventati i nuovi tecnici locali e loro stessi promotori dello sviluppo socio-economico del paese. Eva Mameli dirigeva l’istituto di botanica, promuoveva l’educazione delle donne e dei bambini, per i quali creò un asilo, faceva ricerca sul campo e teneva relazioni internazionali con altri istituti di ricerca. Fu grazie a lei e a Mario Calvino se furono importate nuove varietà di soia in Italia, dopodiché infatti nacque Italsoia, varietà di mais e canna d zucchero e soprattutto frutta esotica come i famosi Avocado che approdarono in Liguria con il loro ritorno nel 1925 a Sanremo.

 

 

 

 

 

Casa delle due culture Italo Calvino
Villa Meridiana

In questa città Evelina sarà subito al centro del progetto di fondazione della Stazione Sperimentale di Floricoltura che ebbe sede inizialmente proprio nella loro casa, Villa Meridiana, di cui Evelina era direttrice del laboratorio di ricerca genetica, mentre il marito Mario era alla guida della Stazione sempre con l’obiettivo di sviluppare specie da vivaio, sia per i giardini che per la produzione di specie da fiore reciso (come le rose, garofani, iris, gladioli, nerine, ecc.) e le più diverse specie da interno.

La sua concitata attività non le risparmiò una nuova trasferta in Sardegna per almeno tre anni quando diventò direttrice dell’Orto Botanico di Cagliari, al quale seppe dare un impulso innovativo per l’accrescimento delle collezioni di specie a fini di ricerca e studio a livello universitario e didattico. Alla nascita del secondo figlio Floriano nel 1927 decise di rinunciare al pendolarismo e rientrò definitivamente a Sanremo dove nel 1931 fondò, insieme al marito, la nota rivista Giardino Fiorito organo ufficiale dell’Associazione Italiana Amici dei Fiori sempre diretta da loro.

Questi anni la vedono al culmine delle sue attività naturalistiche che spaziavano dalla ricerca nel miglioramento genetico vegetale delle specie ornamentali, alla divulgazione con la rivista che lei stessa gestiva nei rapporti con i lettori, i collaboratori, i vivaisti e i collezionisti di piante del tempo. Non mancava di fare attività di pubblicazione di contributi scientifici su riviste e testi di livello internazionale che la resero nota per l’innovazione e lo studio di specie e varietà che fecero poi di Sanremo, dal 1925 agli anni Settanta, uno dei centri più rinomati per la produzione di piante ornamentali in coltura protetta. Le rose furono il fiore all’occhiello dei suoi studi sperimentali e alla stazione di Sanremo erano centinaia le specie selezionate e create dalla stessa Eva e da suoi collaboratori, che riscossero molto successo soprattutto attraverso premi per i migliori esemplari di rose da taglio, da cespuglio e rampicanti per giardini da collezione e per vivai.

La seconda guerra mondiale la vedrà risoluta e attiva nel contrastare le attività belliche come laica e pacifista, soprattutto durante la resistenza che vide implicati anche i figli Italo e Floriano, scampati alle fucilazioni durante le razzie del nemico nelle montagne dietro Sanremo dove si rifugiarono come partigiani.

Eva Evelina Mameli Calvino in viaggio per Cagliari
Eva Mameli in viaggio per Cagliari

La sua vita come moglie madre e scienziata non la escluse perfino dalla militanza ambientalista infatti è annoverata tra le prime donne protezioniste della natura in Italia. Si spese per il salvataggio della famosa Villa Hanbury nota nel mondo per il suo parco botanico a picco sul mare al confine tra Ventimiglia e la Francia.

Quando nel 1951 perse il compagno Mario Calvino, proseguì alla direzione della Stazione Sperimentale fino a quando per raggiunti limiti di età andò in pensione e continuò a dedicarsi alle attività di divulgazione e ricerca. Lasciò questo mondo nel 1978.

 

Quanto la figura di Eva torna nelle opere di Calvino e che rapporto aveva con il figlio?

Su questo aspetto è stato detto e scritto molto anche perché si è sempre cercato da parte di critici e studiosi dell’opera calviniana di capire le motivazioni di una evidente conflittualità generazionale e caratteriale tra Italo e i suoi “impegnativi” genitori. Molti i riferimenti nelle sue opere alla vita condotta nella famosa casa delle due culture, Villa Meridiana, dalle reminiscenze botaniche – “nomenclature babeliche” – alle idiosincrasie con il mondo naturale, che ostentava quasi a difesa di una appartenenza a un mondo diverso, quello della vita urbana fatta di luci, città, cinema, teatri e letteratura. Tutto questo è sempre stato interpretato per molto tempo in termini di conflitto madre-figlio, recenti studi su Italo hanno invece riabilitato quei rapporti, vedi Laura Guglielmi in particolare il suo ultimo contributo (Italo Calvino e Sanremo alla ricerca di una città scomparsa, Il cammino Editore 2023) mentre questa “proverbiale” durezza e severità materna è smentita dalle poche quanto preziose testimonianze scritte di Evelina, lettere inedite in particolare, che riportai in calce del mio libro, in cui si esprime con grande affetto e commozione nei confronti dei figli e dei tre amati nipoti.

Sicuramente i tempi in cui viveva Eva Mameli, a cavallo tra due secoli, non erano quelli che consentivano a una donna di potersi affrancare dalla famiglia di origine attraverso gli studi e tanto meno un lavoro indipendente e remunerato. Se Eva non fosse stata una personalità forte e decisa come era lei, non avrebbe potuto raggiungere quei ruoli senza dover necessariamente rinunciare agli affetti familiari: al ruolo di moglie e madre.

Italo Calvino Sanremo 1979
Italo Calvino a Villa Meridiana nel 1979

Italo parla, non c’è dubbio, in modo poco generoso della madre in alcuni passi dei suoi rari testamenti emotivi, quando la definisce dura, severa, austera benché poi altrove la chiamerà “la maga buona degli iris”, quando si dedicherà a racconti interamente dedicati alla natura e ai suoi misteri, come Un pomeriggio Adamo o alla critica della distruzione del paesaggio ne La speculazione edilizia, in cui compare sotto altre vesti la madre che chiede al figlio Quinto dove potrà coltivare le sue Calceolarie, se venderà l’ultimo terreno per darlo in mano agli impresari edili.

 

Quanto può essere attuale l’opera di Eva e di altre esploratrici vissute tra Ottocento e Novecento e che influsso possono aver avuto nella letteratura di viaggio?

Sicuramente l’opera di Eva Mameli deve essere annoverata e ricordata nel mondo scientifico nell’ambito della esplorazione botanica proprio perché il suo studio, che è partito dalla flora sarda quando era ancora studentessa a Pavia, si è protratto durante tutta la sua esistenza, non solo per le sue trasferte a Cuba dove ha indagato sulla flora locale a tutto tondo, ma anche per la sperimentazione durante la permanenza a Cagliari come direttrice dell’Orto botanico, e poi nella Stazione Sperimentale di Floricoltura di Sanremo. Risultano ancora attuali i suoi studi sull’acclimatazione delle piante esotiche, sulla selezione delle rose per individuare, da quelle più selvatiche, le caratteristiche per la resistenza alle malattie, alla siccità, per rifiorenza, profumo e durabilità come fiore reciso, solo per fare uno dei tanti esempi delle sue ricerche nell’ambito giardinistico e botanico.

Come donna dedita al viaggio si può certamente considerare una pioniera per il suo tempo, soprattutto a livello italiano. In Inghilterra e nel nord d’Europa era già in atto un cambiamento epocale per la donna che già viaggiava, studiava e si manteneva con il proprio lavoro pur anche lì con grandi difficoltà, come denunciavano Mary Wollstonecraft e poi Virginia Woolf.

Spostarsi a fine Ottocento da un’isola come la Sardegna per andare a studiare, o partecipare a dei convegni a Londra ancora giovanissima, sposarsi in Messico per poi lavorare come direttrice, in un istituto di ricerca a Cuba per il Ministero degli Esteri, era cosa rarissima e ahimè poco accettata a livello di convenzioni sia familiari che di genere. Al suo tempo le bambine che portavano avanti gli studi oltre alle scuole elementari erano esigue e se quelle di un certo livello sociale ed economico lo facevano, era solo per un piacere personale e di status quo.

Eva Mameli è l’emblema di un processo di affrancamento della donna che ha varcato quel limite apparentemente invalicabile, a causa dei condizionamenti fortemente influenzati dal patriarcato e dal sessismo che dall’Ottocento fino alla metà del Novecento hanno relegato la donna in ruoli precostituiti che non le si confacevano.

Eva Mameli Calvino a Londra
Eva Mameli con la sua famiglia a Londra

Purtroppo Eva, nonostante la sua qualità di scrittrice impeccabile e di eccellente livello stilistico, il figlio sicuramente ha appreso e ereditato queste capacità innate, non ci ha lasciato né una sua biografia né testimonianze come diari di viaggio o annotazioni sui suoi innumerevoli spostamenti per terra e per mare, centinaia invece le pubblicazioni scientifiche e gli studi stampati in diverse lingue; nonostante questo la sua storia e la sua chiara fama come ricercatrice, divulgatrice e innovatrice nei ruoli di madre, moglie e donna in genere, ha senza dubbio ispirato studentesse, lettrici, intellettuali, studiose e viaggiatrici botaniche che a lei si sono ispirate, prendendo esempio dal suo coraggio, dalla sua determinazione e aspirazione alla perfezione in tutte le cose che faceva con gioia e passione.

Badia Tedalda – Loc. Montelabreve, 5 dicembre 2023

Eva Mameli Calvino, ali&no editrice 2010.

Fotografie per gentile concessione dell’editore e dell’autrice.

 

Elena Macellari, nata in Umbria, vive e lavora in Toscana. È agronoma con un dottorato in assetto del territorio agricolo. I suoi ambiti di ricerca e lavoro sono i giardini, l’agricoltura e il territorio. Con ali&no editrice ha pubblicato Giardinieri ed esposizioni botaniche in Italia (1800-1915) nel 2005, Eva Mameli Calvino nel 2010 e Custodi della biodiversità agricola nel 2021. I suoi ultimi contributi Le signore della botanica (Aboca Edizioni, 2017), L’orto botanico di Padova. Atlante nel 2020, L’orto botanico in quattro stagioni. Inverno nel 2021 per Nicla Edizioni.

 

 

Dai laboratori di scrittura poetica alla pubblicazione di esordienti, come cambia la prospettiva del mercato editoriale indipendente. L’esperienza di Officina delle Scritture e dei Linguaggi

di Francesca Silvestri

 

Perché pubblicare poesia oggi? Ci siamo chiesti, oramai diversi anni fa, quando nel 2006 ali&no editrice ha introdotto all’interno del suo catalogo una collana di poesia, se questo interrogativo andasse incontro a una necessità di poeti esordienti (a volte anche improvvisati) o se piuttosto si ponesse come una stimolante sfida da percorrere a discapito del mercato.

 

 

Oggi come allora cura, studio e selezione, linee guida fondamentali del mestiere editoriale, sembrano un lusso riservato a pochi. Un piccolo editore indipendente si può distinguere per le scelte consapevoli, basate sulla qualità di contenuti e materiali in tutta la filiera, e soprattutto con azioni non omologate e culturalmente rivoluzionarie.

Bibliodiversità significa proprio questo: fare la differenza, contribuire all’eterogeneità delle scritture e dei linguaggi, fare scouting letterario e alimentare diverse prospettive cognitive.

Se leggere poesia fa riflettere e promuoverla eleva le coscienze, pubblicarla a dispetto dei numeri e del mercato, io credo, rimane uno dei più grandi atti rivoluzionari da compiere.

Su queste premesse è nata a Perugia nel 2014, intorno all’attività di ali&no editrice, l’Associazione Officina delle Scritture e dei Linguaggi, un’associazione culturale no profit che si è proposta come riferimento per l’insegnamento e la sperimentazione dei vari tipi di scrittura (creativa, autobiografica, poetica e terapeutica) e di linguaggi legati alle arti visive (fotografia, mandala, cinema) o alla sceneggiatura (fumettistica e cinematografica).

 

 

Officina ha nella sua etimologia parole latine fortemente evocative, come opĭfex -ĭcis (operaio, artigiano), opus -ĕris(opera) e facĕre (fare). Ma Officina è stata anche una storica rivista degli anni Cinquanta, fondata da Roberto Roversi, Francesco Leonetti e Pier Paolo Pasolini, che ha aperto le porte alla Nuova Avanguardia con l’intento di stimolare un “nuovo impegno” per la letteratura che diviene strumento di trasformazione in grado di colmare il divario fra scrittore e società, fra politica e cultura, fra idee innovative e benessere sociale.

Officina delle Scritture e dei Linguaggi ha tra i suoi obiettivi prioritari quello di divenire un cantiere del fare, una fucina di idee, una bottega artigiana e artistica, una buona pratica quotidiana per rivitalizzare il tessuto sociale in continua trasformazione.

E la poesia rientra a pieno titolo in questa idea programmatica. Officina e i suoi soci sono stati pionieristici e hanno avuto l’intuizione e il coraggio di proporre, tra le loro offerte culturali, la possibilità di esercitare la scrittura in versi guidata da poeti contemporanei in forma laboratoriale. Alla fine di ogni ciclo di incontri è stata pubblicata una raccolta antologica con le poesie di tutti i partecipanti dal titolo piuttosto evocativo, “Via dei poeti”, oggi al suo quarto volume, e destinata all’autofinanziamento associativo attraverso serate di musica e lettura pubblica. Una forma sociologicamente interessante di attivazione di un circuito culturale virtuoso, dove il libro, da “oggetto” finalizzato alla sola lettura individuale, diviene strumento vivo rivolto alla collettività per un modo nuovo di attualizzare la poesia.

Sembrava una sfida destinata a cadere nel vuoto, e invece. In molti, dopo qualche anno, hanno seguito questa affascinante via sperimentale dove, tra l’altro, si sono formate giovani generazioni di poeti che oggi pubblicano individualmente.

Se è vero che la poesia non può essere insegnata – come dice qualcuno «o si è poeti o non lo si è» – è pur vero che laboratorialmente si possono affinare le principali tecniche di scrittura in versi, apprendere nuovi stili e contenuti guidati da voci poetiche note e meno note, promuovendo incontri con autori contemporanei e reading a tema.

Un tempo la poesia era quasi del tutto orale, possedeva una spiccata musicalità e un alto valore civile. L’azione di Officina si è collocata proprio in questa direzione e tutt’oggi, dopo nove anni di lavoro, la promozione della poesia praticata, sperimentata, insegnata e divulgata ha arricchito il territorio, dando vigore a nuove espressioni stilistiche che qualcuno non pensava nemmeno di possedere. Una speciale azione formativa e di coaching letterario di grande impatto che, ci auguriamo, possa fungere da apripista anche altrove, continuando a generare nuove e interessanti voci poetiche.